lunedì 27 marzo 2017

[my gameplay] Nioh

 

Let It Die soundtrack

sabato 23 aprile 2016

[diario di bordo] Fallout 4


#16 Dopo aver finito la main quest, ricapitolando, Fallout 4 se la gioca sulla combinazione dei suoi tre ingredienti forti: libera esplorazione della mappa, combattimento e looting. Quest'ultimo in particolare è legato a quella che rimane una delle feature più 'potenti' del modello Bethesda, magari data per scontata perchè ormai abituale ma rimasta esclusiva: la rappresentazione tangibile di item, armi ed oggettistica, parte integrante, dinamica e interagibile della composizione degli scenari, che conferisce concretezza al mondo di gioco - laddove anche la concorrenza moderna e ben quotata è ancora limitata da forte astrazione e simbolicità. Se le basi della formula continuano a funzionare nell'insieme, come GDR che abbia l'obiettivo di costruire un contesto e conferirgli vita e sapori Fallout 4 è un mezzo disastro. La scrittura è pedestre, lontana dall'aspirare a qualsiasi forma di sentimento, suggestione e coinvolgimento, condannando all'anonimato la quasi totalità di quest e personaggi; il meccanismo risulta tragicamente nudo nella sua schematicità, una spola tra png bisognosi di favori per lo più triviali a cui segue l'eliminazione dei nemici dalla località di turno ed il ritorno alla base per fare rapporto e incassare tappi e punti xp. Quella che si respira costantemente ed uniformemente è una generica atmosfera "da gioco Bethesda", con il suo semplicistico, asettico pragmatismo che ignora la rappresentazione visiva di tutto ciò che possa definirsi emozionale; si sente la mancanza di un tema principale che definisca davvero l'esperienza e mancano (o sono presenti in tracce debolissime) dei temi secondari che caratterizzino dei momenti memorabili nel corso dell'avventura. Difficile sentirsi partecipi della causa di una delle tipiche fazioni in cui ostinatamente si vogliono categorizzare la politica del mondo di gioco ed i finali; cercando di evitare il manicheismo s'è finito per cadere in un grigiore poco interessante di vaghe buone intenzioni sorrette da motivazioni platealmente miopi e parziali, unicamente bisognose di un sicario che mieta le file dei nemici giurati. Difficile anche provare empatia per uno dei 'compagni' se non a livello molto superficiale, per quanto periodicamente si soffermino di punto in bianco (e spesso inopportunamente) a monologare sul proprio vissuto, proponendo nel caso qualche noiosa fetch quest a riguardo; non aiuta il piatto sistema di dialogo in stile Mass Effect, che dietro le arbitrarie sfumature del tono con cui ci si rivolge all'interlocutore fatica nascondere nient'altro che la possibilità di accettare subito una missione o rifiutarla per il momento (alternativa a sua volta indistinguibile dall'accettarla perchè s'aggiunga al diario e poi ignorarne il completamento).

#15 Sono arrivato a livello 40. Nonostante già da un po' sia salito a 'very hard', buona parte dei nemici va giù con un paio di colpi, forse anche per merito del pompa a proiettili esplosivi, con danno ad area ed effetto di 'crippling' devastante; come può capitare negli rpg, la difficoltà tende a calare con il migliorare delle statistiche offensive e di resistenza ai colpi del giocatore, per cui può essere il caso di aggiustare in corsa. Grazie alla rifinitura della componente FPS rispetto al passato, il combattimento si può approcciare frontalmente senza tanti complimenti, anche se si è un po' costretti da limitazioni pianificate (come la scarsa sensibilità del 'grilletto' e la lentezza del passaggio al puntamento 'sighted' delle armi con mod di incremento dei danni, o la macchinosità del lancio delle granate) o dovute a pochezza di realizzazione, dal framerate alle collisioni. Non è il massimo ma sono ingessature che s'abbinano a quelle di IA e pathfinding dei nemici, poco male. Nel video utilizzo la power armor con mod jetpack, che da una parte svincola dal rimanere sul piano ed incastrarsi un po' ovunque mentre si tenta di mantenere una certa mobilità (che si ricerca 'ruolisticamente', più che per reali esigenze di gameplay), ma dall'altra frena gli "entusiasmi" comportando un lag esagerato nel fare fuoco a mezz'aria. Notare anche l'orribile interfaccia del lancio delle granate, attivatasi upgradando il perk 'demolition expert'.

giovedì 27 agosto 2015

martedì 31 marzo 2015

The Evil Within - The Assignment

Il primo DLC sevizia chirurgicamente The Evil Within amputandogli senza tanti complimenti l'intero cuore action\shooter, gli elementi survival, il level design e le trappole ambientali. Se proprio dovessimo accostarlo ad una porzione del gioco originale, dalla natura piuttosto variegata e composita, staremmo dalle parti della fase introduttiva, quei venti minuti con mera funzione di prologo in cui ancora non si disponeva della gran parte degli strumenti di gameplay. 
Lo stealth obbligatorio e disarmato, da succinta e ben definita parentesi dal sapore citazionistico di certe attuali mode dell'horror videoludico, in questo caso diventa l'unica, sporadica componente, con dinamiche approssimative e qualche mezza trovata mal finalizzata che ci si può ritrovare a bypassare senza nemmeno darsene conto.
Brutti i nemici pseudo-luminescenti con status di allerta incorporato, antiestetica e macchinosa l'interfaccia della copertura, lineare e generico l'avanzamento da un'interazione contestuale all'altra, sottotono la direzione artistica.
Non era il caso di dedicare specificatamente questi capitoli extra allo sviluppo di dettagli narrativi superflui; la trama originale, le cui lacune ben si prestavano a completarsi nelle supposizioni del giocatore, era già comunque sufficiente a rendere il quadro della situazione, in maniera funzionale ad un'esperienza che poneva il focus sul gameplay.

mercoledì 7 gennaio 2015

The Evil Within | Ch. 6 'cabin defence'
悪夢 AKUMU mode

ODIO Mikami per aver deciso l'inclusione di una scena di questo genere, indipendentemente dal livello di difficoltà a cui la si affronti; è estremamente semplicistica, frontale, rozza (basta pensare agli spawn dal tetto nella seconda stanza) e in apparenza una forzatura 'action' incompatibile con l'approssimazione di fondo scientemente ricercata per generare situazioni e sensazioni di stampo survival, a più basso ritmo.
AMO Mikami per come ha comunque saputo architettare l'azione, riprendendo ed effettivamente liberando da certi schematismi quanto propose in Resident Evil 4. In un fazzoletto di terreno, in un tempo estremamente compresso eppure dilatato nella percezione come una successione di attimi interminabili, si sviluppa una notevole quantità di variabili attraverso l'impossibilità di prevedere del tutto gli esiti di ciascuna singola mossa - la necessità d'improvvisare e osare subentra di prepotenza ad una pur attenta pianificazione mentale.
I nemici possono tornare ad avanzare anche con un enorme buco in mezzo alla faccia o mezzo emisfero cerebrale saltato (l'headshot ha solo una probabilità limitata di letalità), colpiscono da atterrati o s'alzano di scatto evitando la finisher con il fiammifero, reagiscono ai colpi nelle maniere più disparate (barcollano in una direzione a caso, cadono sul posto o capicollando in avanti, incassano senza batter ciglio, esitano per solo per un attimo o rimangono incapacitati a lungo dando l'illusione d'essere morti), accorciano le distanze con andature e traiettorie insidiose (fintano, scartano, si inchinano all'ultimo, ondeggiano come ubriachi, si spostano verso la zona cieca del puntamento, scattano per coprire la minima distanza o seguono delle curve per aggirarti), alternano la gittata e la frequenza degli attacchi (lunghe combo di coltello, lanci di accette, calci in corsa, rincorse con grab più o meno ostinate, reazioni più o meno repentine dopo un colpo melee subito).
Anche una banalità come quella del bidone rosso diventa un'arte e una scommessa; non è mai piazzato comodamente ed occorre riposizionarlo in modo strategico nel breve tempo concesso dall'orda, pensando a traiettorie e posizioni proprie e altrui, ma rotola un po' a caso, viene urtato e spostato dai nemici che possono pericolosamente avvicinarlo al giocatore pronto a detonarlo, collide con cadaveri e corpi a terra, anzichè uccidere nell'esplosione può trasformare i mostri in torce umane che si lanciano in abbracci infuocati.

Bloodborne Alpha Test - osservazioni


La prova di Bloodborne m'ha restituito l'idea che, almeno per quanto concerne le meccaniche di base, si tratti ancora di un 'Souls' a tutti gli effetti, pur rimaneggiato quel tanto che basta a non trovarcisi più a proprio agio e a dovergli di nuovo prendere le misure.
Il che potrebbe rassicurare chi non ne avrebbe mai abbastanza o deludere un pochino chi invece aspettava una 'svolta' action più marcata in quanto a controllabilità e reattività del personaggio, gestione di avversari multipli, introduzione delle armi da fuoco, fluidità e 'polish' in generale. 
 
Le quattro 'classi' disponibili erano configurazioni melee differenziate dal peso dell'arma brandita (doppia spada corta, lama estensibile, ascia, martello da guerra) e accomunate dalla mancanza di scudo e dall'abbondanza di stamina (se ne consuma poca per singola azione ed il ripristino è rapido).
L'intento sembra quello di svincolarsi parzialmente dalle stringenti dinamiche di difesa e contrattacco del sistema classico, promuovendo di default quella maggior mobilità ed evasione che nei DaS tende a costituire un approccio 'avanzato' per giocatori smaliziati, alternativo a tattiche di rassicurante efficacia come arroccarsi dietro scudi pesanti o lanciare proiettili magici da distanza di sicurezza.

Il sistema di regain è un altro incentivo ad una filosofia di combattimento più offensiva: concede un parziale recupero dell'energia sottratta da un attacco subito, qualora si risponda rapidamente andando a segno a propria volta.
Effettivamente ci si può sentire spinti ad osare di più e prendersi il rischio di anticipare\incalzare la cpu con conseguenze meno punitive del solito, ma su due piedi non sembra una dinamica poi così cruciale, considerando gli ingenti danni a cui ci si espone qualora si agisca in modo precipitoso.
 
Se in DSII la riuscita della schivata era legata soprattutto al tempismo dell'esecuzione, garantendo frame di invulnerabilità che permettevano di passare all'ultimo attraverso gli attacchi, mentre gli hitbox effettivi potevano essere grossolani, in Bloodborne sembrerebbe strettamente ricondotta alla spazialità, se un colpo avversario intercetta il modello del personaggio va sempre e comunque a segno. Paradossalmente, in situazioni anguste con gran numero di nemici come quelle proposte dall'alpha, può venir da rimpiangere gli iframes; è facile incagliarsi in giro e\o mettere in crisi la visuale, specie con l'ampio e poco direzionabile 'sidestep' che si ottiene schivando lateralmente con il lock-on attivo - anche se  si può schivare con più frequenza e le schivate stesse coprono più spazio, bisogna comunque tenere un atteggiamento conservativo.

L'uso dei curativi (blood vials) è estremamente più rapido rispetto a quello delle estus flask, ed è mappato su un tasto dedicato (triangolo di default); si tratta di consumabili da reperire per lo scenario e dai cadaveri, alla morte non se ne ripristina un numero standard.
L'uso degli item offensivi, separatamente selezionabili, sembra incentivato anche dalla loro inedita efficacia; lanciare in successione sul bersaglio un ampolla d'olio ed una bottiglia molotov arreca grossi danni, si può far fuori in un sol colpo una tipologia di nemico potente che richiederebbe altrimenti svariati colpi caricati (tenendo premuto il tasto d'attacco forte R2) a due mani.  Il tasto L1 determina il morphing dell'arma principale, snellendo la tipica esigenza di switchare da una configurazione più leggera ad una di potenza; si può effettuare il cambio anche durante l'attacco, difatti allungandolo e\o modificandolo in una combo.

Le nuove bocche da fuoco non costituiscono delle armi a distanza a tutti gli effetti, il loro ruolo è riconducibile per lo più all'esecuzione di una variante più indiretta della classica 'parry' - un colpo di shotgun ben piazzato a metà dell'animazione d'attacco del nemico può stordirlo e predisporlo a subire un potente attacco critico.
Il numero di proiettili è contato, probabilmente per compensare 'finestre' di esecuzione relativamente generose.

C'è da augurarsi che la build fosse arretrata perchè il framerate rimaneva in media ben distante dai trenta e soggetto a cali notevoli, si avvertiva molto stuttering - in questo senso l'aspetto tecnico è fin troppo vicino all'offerta dei Souls su PS3\360. L'aliasing su ringhiere\inferriate e la location grigiobuia popolata da sagome di personaggi altrettanto scuri ci hanno messo del loro a rendere più faticosa del dovuto la leggibilità dell'immagine.
 
In un estratto di gioco tanto breve già si distinguono due situazioni che suggeriscono la tipica procedura di 'skip' d'una sezione per arrivare al punto critico \ boss fight evitandosi la ripetizione ad oltranza degli stessi scontri, una stucchevolezza che si sarebbe potuto far a meno di preservare, anche se nello specifico il disimpegno sembra più agevolmente praticabile che in passato.


Nell'alpha non erano presenti né bonfire (alla morte si ricomincia dall'ultimo checkpoint) né raccolta di anime funzionali al potenziamento delle statistiche (la presenza di quest'ultima componente sembra comunque esser stata confermata per il gioco finale).

E' stato reintrodotto il ragdoll sui cadaveri, ma non si capisce quale sarebbe il lato buono dell'antiestetica possibilità di palleggiare in giro dei manichini smollati.



A differenza di DaSII, in cui il movimento del personaggio ha una gradazione completamente analogica, nell'alpha di BB si hanno solo due possibili velocità, camminata e corsa, con punto di transizione tra le due piazzato almeno a 2\3 della completa inclinazione dello stick; capita di rallentare fuori dalla propria volontà mentre si curva la traiettoria di marcia e c'è una certa sensazione di maggior rigidità.


Riguardo la boss fight contro Cleric Beast: o m'è sfuggito qualcosa (ed effettivamente non è ben chiaro com'è che a volte si produca lo 'stun' che la predispone a subire un attacco critico), o fa davvero rimpiangere la pulizia dell'ingaggio di un qualsiasi boss degli episodi old-gen della saga. Un pasticcio; alla fine ho avuto la meglio a martellate a due mani, caprioleggiandogli  intorno da vicino senza lock-on, con visuale imbizzarrita (il corridoio sembra troppo stretto rispetto alle dimensioni e alla sfuggente anatomia del mostro) e cali a 10-15fps in concomitanza degli effetti particellari del sangue, ricavando l'impressione che non dovesse essere quello l'approccio ideale; ho notato che il bestione non era dotato di attacchi 'stomp' con gli arti inferiori, tipica arma di difesa dei più voluminosi boss di DaS contro le manovre di aggiramento a corto raggio ai loro danni.


Un assaggio del genere come ovvio permette solo farsi una parziale idea delle meccaniche e del feeling di base, in realtà poi conteranno molto i caratteri generali del mondo di gioco, level design, caratterizzazione e carisma complessivi dell'esperienza completa.

venerdì 15 agosto 2014

Remember Me

Il grosso del gameplay di Remember Me consiste per metà in salti a muro semi-automatici sullo sfondo di belle scenografie in stile Uncharted, con tanto di waypoint verso l'appiglio successivo, e per l'altra metà in scontri corpo a corpo contro avversari multipli, d'impostazione assimilabile ai Batman Arkham.
La prima componente, a cui sono integrate la raccolta di collectible\potenziamenti occultati dall'inquadratura e qualche successione di interazioni ambientali che definire puzzle sarebbe un'iperbole, fa specie non tanto per la povertà ludica, ormai di routine nel panorama attuale, nè per la legnosità della navigazione, quanto per un peso nell'economia del gioco che va ben oltre le tipiche transizioni a fini di varietà, segnando nuovi eccessi di sopravvalutazione della mera direzione artistica.

 Il sistema di combattimento rivisita il modello di Rocksteady privandolo delle gioie del 'freeflow', e di conseguenza di buona parte della fluidità, del ritmo e delle possibilità d'improvvisazione. L'azione è spezzata in combo di lunghezza incrementale, rese via via disponibili nel corso dell'avventura; sono quattro, in base al layout del pad di Xbox360 corrispondenti a XXX, YXYXY, XYYXYY, YYYXXXXY, inframezzabili da schivate ben temporizzate tra un colpo e l'altro (una sorta di dodge offset) ma non concatenabili fra loro in un unico conteggio.
Ciascun colpo (tranne il primo, predefinito) è customizzabile; i cosiddetti 'pressen', a loro volta progressivamente sbloccabili, non si differenziano per intrinseche caratteristiche quali il rapporto tra potenza e velocità d'esecuzione, la gittata, l'altezza o l'eventuale 'guard-break' associato (come nel caso del mitologico God Hand), bensì per arbitrarie proprietà di danno, recupero d'energia, 'cooldown' delle mosse speciali e moltiplicazione dei precedenti effetti - più avanti sono posizionati nella combo, maggiore è la loro efficacia qualora vadano a segno. La selezione e l'utilizzo degli 'Special-pressen' passa per il congelamento gli eventi a schermo e non è parte integrante delle combo, a differenza delle abilità strategiche performate in tempo reale dal moderno Batman; le loro funzioni vanno dal rivelare gli avversari con doti d'invisibilità al convertire in alleati i robot ostili. L'ultima opzione offensiva, anch'essa isolata, è lo 'Spammer', un'arma a distanza il cui utilizzo è strettamente limitato all'auto-lock sugli elementi sensibili in prossimità, a differenza del libero puntamento garantito in ogni momento dal 'Musselback' di Killer is Dead.

Se si tratta di affrontare nemici che arrecano danno da contatto quando subiscono gli attacchi, si può richiamare il menu 'combo-lab' per impostare un'intera combo 'regen' votata al concomitante, compensativo recupero energetico. Oppure, nel caso sia presente tra le altre una tipologia di nemico esclusivamente vulnerabile ad uno specifico 'S-pressen', si può assemblare una combo prettamente orientata al cool-down per aumentare la frequenza d'uso della tecnica necessaria. Considerando che questi possono considerarsi due tra i massimi esempi di interpretabilità del sistema, a dispetto della quantità di elementi sulla carta, la pratica si riduce per lo più al rispetto di rapporti di causa-effetto lapalissiani e schematici; alla congenita frammentarietà dell'azione consegue un'estetica del combattimento disarmonica e poco appagante.

 Il 'memory-remixing' si può estemporaneamente tirar in ballo per ultimo, data la natura composita di un gameplay fatto di fasi a tenuta stagna; con lo scopo di rappresentare in qualche chiave interattiva la tematica dell'alterazione dei ricordi umani, ogni tanto sono proposti dei filmati che è possibile riavvolgere o mandare avanti con la rotazione dell'analogico, alla ricerca di interazioni nascoste modificabili affinchè gli eventi prendano la piega desiderata - disattivare la sicura di una pistola inizialmente presente sulla scena, ad esempio, potrebbe determinare in seguito uno sparo accidentale, magari utile a instillare il ricordo di un omicidio mai compiuto nella mente del proprio bersaglio. Niente di consistente, ma anche quei pochi tentativi di risoluzione del problema attraverso l'attivazione quasi a casaccio dei vari interruttori possono far sentire la mancanza di un'opzione per automatizzare del tutto le sequenze e sveltire la formalità.

mercoledì 4 giugno 2014

[replay] Resident Evil 4


Ripercorrere la prima metà di Resident Evil 4 (versione Wii, difficoltà professional) è stato in un certo senso superfluo; un gioco così lungo e non proprio recente, eppure è facile ricordarselo nel dettaglio quasi a memoria, per una semplice ragione: livello per livello, scena per scena, stanza per stanza e nemico per nemico è stato pensato e realizzato per essere memorabile, con clamoroso successo.

Non conosce fasi di generica transizione, non si adagia mai su una reiterazione indefessa che, per la sola potenza dell'impostazione e della resa, ai tempi poteva garantire enorme impatto anche senza ulteriori particolari sforzi creativi e produttivi;  i fondamentali dell'azione sono scolpiti nel granito e fanno leva su vincoli di mobilità per mantenere la tenuta del sistema (con il senno di poi, in modo fin troppo conservativo), ma l'estetica ed il game design rimescolano continuamente le carte presentando un'instancabile concatenazione di situazioni sempre differenziate e peculiari che di fatto lo rendono immune dalla monodimensionalità di cui tipicamente soffrono i giochi lineari moderni, bisognosi di annacquare la loro (di solito breve e piatta) progressione con cut-scene e set-piece sistematici per cercare di conferirsi una parvenza di ritmo.

Il villaggio (assedio dei Ganados in una piccola mappa navigabile a piacere,  l'incappucciato con motosega incalza già a livello sonoro), la fattoria, il bosco (fuga da un masso rotolante, lanciatori di candelotti di TNT nascosti nelle catapecchie, Luis Sera chiuso in un armadio, Leon messo k.o. dal Big Cheese in stile Bud Spencer), le palafitte (incontro con il bizzarro mercante d'armi, una feritoia sul muro è implicito invito a testare il fucile da cecchino appena comprato), il cimitero con chiesetta (le lapidi di defunti gemelli nascondono la soluzione ad un piccolo enigma), la palude (trappole esplosive, l'acqua alla cintola rallenta il movimento e occlude la visibilità dei nemici atterrati), il lago (si guida una barca a motore, si arpiona un enorme mostro acquatico, qte ansiogeno di nuotata), la diga, el Gigante (in due varianti, una di scontro frontale e l'altra, opzionale, di fuga rallentata dall'apertura di porte incatenate), la cabin defense (su due piani, in cooperativa con un png eventualmente dispensatore di munizioni), la funivia (nemici lanciano proiettili dal binario parallelo o cercano abbordare la vettura, quando colpiti precipitano nel vuoto), le due forme di Bitores Mendes, la stradina per il castello con il camion che si capovolge una volta abbattutone in corsa l'autista, le catapulte sui bastioni, i monaci muniti di scudo (tipologia di nemico 'corazzato' che diventerà uno standard del genere TPS), l'artigliato colosso cieco da sviare coi suoni perchè esponga il 'weak point' sulla schiena, le fogne infestate da insetti invisibili giganti che camminano sui muri e sputano acido... Avanti così, per ore ed ore, ed è un'escalation; si potrebbero investire altre migliaia di caratteri anche solo per accennare con questa sintesi spartana ad altre dozzine di luoghi, incontri e trovate altrettanto o ancor più avvincenti o meritevoli di aneddoto esemplificativo, considerando che gli strepitosi Regenerator non si vedranno che verso la fine dell'avventura.

Eppure il tour non scade mai in una follia di attrazioni estemporanee e mal coese, non c'è uno spreco scriteriato di asset, molti elementi ricorrono con intelligenza, mai del tutti identici, fino a che tutto il loro potenziale viene esplorato; nell'estrema varietà, che si può spingere fino ad un'astrattezza fantasiosa, ci sono comunque simmetria ed un certa continuità geografica.
Si torna sui propri passi e si aprono nuove vie, ma non è backtracking al risparmio;  al contempo si costruisce e delinea la percezione di una vera e propria ambientazione e si apprezza il tema attraverso le sue variazioni. 

Calata la notte, piove e lampeggia e lo scenario campagnolo già attraversato si vede letteralmente sotto una diversa luce, i nemici si muniscono di torce con tanto di attacchi da mangiafuoco, gli headshot precedentemente risolutivi rivelano pericolosi parassiti tentacolari sensibili alle granate accecanti, dei cani mutanti infestano a tradimento il camposanto prima semideserto, la compagnia di Ashley porta nuove interazioni ambientali  come la staffetta per scavalcare i muri altrimenti invalicabili (succedeva molto prima di Uncharted...) o i cassonetti in cui farla nascondere per risparmiarle combattimenti troppo affollati.

Menzionata Ashley, si possono meglio specificare le implicazioni della sua entrata in gioco: in tempo reale viene afferrata di peso da Ganados che cercano di trascinarla verso un'uscita ed il game over; è vulnerabile a qualsiasi attacco nemico, bisogna preoccuparsi di frapporsi sempre tra lei e la minaccia e condividere le erbette curative qualora venga colpita; è sensibile anche al fuoco amico, i rapitori vanno gambizzati con precisione facendo attenzione a non ferirla, lei stessa si inginocchia per togliersi dalla linea di tiro nel caso ci finisca in mezzo; in alcune sezioni le si deve fornire copertura mentre si occuperà di azionare qualche dispositivo.
Si sono tirate in ballo così, incidentalmente, tra le 'varie ed eventuali', meccaniche che l'attualissimo e premiatissimo The Last of Us, addirittura fondato (almeno narrativamente) sull'avere al seguito una ragazzina da proteggere, non è riuscito in alcun modo a replicare, ricorrendo alla brutale semplificazione di un png invisibile ad infetti e razziatori, invincibile e avulso dal gameplay (con i ricorrenti, insulsi 'traghettamenti per zattera' che denunciano la mancanza anzichè colmarla).
Anche la sezione "a sorpresa" dedicata al partner di norma non giocabile offre un confronto interessante; Ashley non usa armi da fuoco e deve cavarsela fuggendo, strisciando sotto i tavoli e rompendo lanterne accese addosso ai nemici, Ellie invece si usa esattamente come Joel, risultando addirittura più efficiente nel corpo a corpo grazie agli usi illimitati del coltello.

Se la sontuosa direzione artistica e la caratterizzazione indelebile sono rimaste fuori dalla portata dei meno ispirati seguiti allestiti da Capcom, un po' persi tra il limitarsi a scopiazzare ossequiosamente ed il rincorrere spettacolarizzazioni hollywoodiane fin troppo patinate solo per inciampare in una certa genericità, in RE4 si può sentire la mancanza delle piccole modifiche e limature apportate ai controlli nel corso degli anni - ad eccezione forse di quelle manovre evasive più acrobatiche che lo stesso Resident Evil 6 non è riuscito ad integrare davvero compiutamente al sistema di gioco.
Basterebbe perfezionare la gestione degli spazi con la possibilità di riposizionarsi durante la fase di puntamento e di ricarica, incrementare le soluzioni offensive con altre mosse contestuali come le finisher sul nemico a terra ed evitare le interruzioni dell'azione implementando un menu in-game di selezione rapida dell'arma, per rimuovere quella poca ruggine accumulatasi nel corso della decade... come d'altronde ha dimostrato la miglior versione della formula, insospettabilmente rappresentata dall'ottimo (nonostante le limitazioni tecniche) Mercenaries 3D.

[my gameplay] F.E.A.R.

 

[my gameplay] Dark Souls 2

[my gameplay] Uncharted 3 multiplayer

giovedì 15 maggio 2014

[my gameplay] Volgarr The Viking




Per una volta un vero e proprio action\platform come piace a me, in una pixel art evocativa dei bei tempi andati, che non cerca di campare di suggestioni estetico-narrative né di rifugiarsi nell'astrattezza dell'enigmistica, propronendo un concept vecchia scuola aggiornato a moderni canoni di pulizia e controllo. Meccaniche precise e punitive e passaggi da memorizzare per acquisire la precognizione delle minacce, ma senza scadere nell'automatismo puro del trial&error stretto, così che i livelli si possono interpretare trovando le proprie soluzioni ed il proprio ritmo e l'approccio del giocatore nel corso della curva di apprendimento si fa via via più aggressivo, sintetico ed efficiente.